La Francia e lo scandalo del fondo Marianne

Versione audio dal podcast di Radio Sound 24

Soldi che avrebbero dovuto celebrare la memoria di Samuel Paty, il professore delle medie decapitato da un integralista islamico nel 2020.

Era una buona idea quella del fondo Marianne, destinato dal governo francese a persone e associazioni che avessero presentato progetti nuovi per rilanciare il dialogo sociale, per contrastare le logiche di reclusione comunitaria e i discorsi violenti sulle reti sociali. Invece della censura si preparava un contro-discorso repubblicano, che doveva essere fatto da chi in quegli ambienti così distaccati dallo Stato ci vive o ci lavora.

E alcune associazioni l’hanno fatto: hanno presentato dei bei progetti, sono stati finanziati, portano avanti il lavoro. Poca cosa, però: il grosso dei finanziamenti è oggetto di uno scandalo non da poco.

Marlène Schiappa, il sottosegretario cui competeva l’assegnazione di quei fondi, è invitata da più parti a dimettersi e forse vorrebbe anche farlo, ma non può perché sarebbe un imbarazzo per Macron, che quindi procederà con ogni probabilità a un rimpasto di governo il 26 luglio. La prima a saltare dovrebbe essere proprio lei, Marlène Schiappa, ma c’è chi parla anche di Elizabeth Borne, che guida il governo facendo tutto quello che Macron chiede. Chiusa la fase della riforma delle pensioni, lei sarebbe un fusibile perfetto.

Ma è improbabile che accada ora. Un chiacchieratissimo ministro, di cui nessuno capisce cosa abbia fatto dall’inizio del suo mandato, è quello dell’Istruzione, o meglio dell’educazione nazionale, Pap Ndiaye, e non a caso furbescamente proprio in questi giorni ha iniziato a farsi intervistare e sparare ad alzo zero contro l’estrema destra e anche alcuni mezzi di informazione che ha bollato come estremisti, da chiudere o quasi. Dichiarazioni esagerate che puntavano chiaramente a suscitare polemica, e così è stato.

Sicché ora se Macron lo silura l’opposizione festeggia, e questo non va bene perché ogni vittoria dell’opposizione è una sconfitta del Presidente. Non sarebbe così in un mondo e una democrazia normali, dove tutte le parti in causa dialogano, ma è così nella realtà attuale, in Francia e non solo.

Anche Marlène Schiappa potrebbe pensare di entrare in polemica con le opposizioni, ma è ormai fuori tempo, la bolla dello scandalo è scoppiata. E poi dovrebbe attaccare destra e sinistra contemporaneamente, e nemmeno basterebbe, anche perché la Commissione parlamentare d’inchiesta che ha appena concluso le sue audizioni sul fondo Marianne e pubblicato un rapporto molto duro era guidata da un socialista e un repubblicano, non da estremisti cattivi.

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Sembra quindi chiaro che lei verrà sacrificata, ma con chi? Da sola non si può, qualche ministro da silurare bisogna trovarlo.

Direte che un sottosegretario non è così importante, non può certo mettere in crisi un governo, ma bisogna tenere in conto alcuni aspetti:

il primo è che lei dipende direttamente da Elizabeth Borne. E prima peggio ancora, era al Ministero degli Interni, dove c’è Darmanin, un fedelissimo di Macron, che è già al centro di diverse polemiche che non ricordiamo qui.

Secondo, Marlène Schiappa è un sottosegretario molto in vista, è una militante femminista radicale, probabilmente non esiterebbe a dirsi vittima di un complotto, a dire di essere stata sacrificata da un governo poco attento a certi temi, eccetera.

Terzo, il fondo di cui si parla era altamente simbolico, dedicato alla memoria del professore decapitato e sbagliare lì è un tradimento dei valori repubblicani.

Quarto, Macron è sempre stato messo in difficoltà con gli attacchi alle seconde linee, basti pensare al più che imbarazzante caso Benallah. Il problema è che Macron si circonda di amici, ha una cerchia di fedelissimi, ed è per questo che ogni attacco a uno di loro diventa un attacco a lui e che il castello può crollare a causa di un mattoncino apparentemente insignificante.

Ora il punto più pesante a sfavore di Marlène Schiappa è che hanno presentato i loro rapporti la Commissione parlamentare e anche l’autorità di controllo dell’amministrazione (IGA), ma è ancora in corso l’inchiesta penale. E se questa colpisse il sottosegretario ancora in carica la situazione sarebbe ben più pesante. Una buona ragione per liberarsi subito della zavorra: ma come detto non può partire da sola, altrimenti la navicella si sbilancia. Insomma, sarebbe l’ammissione di un errore grave, di una sconfitta. E verrebbe dopo tutto il resto: le manifestazioni, le banlieues eccetera.

I soldi in questione non sono nemmeno tantissimi, il fondo puntava ad assegnare due milioni e mezzo e nemmeno è riuscito ad assegnarli tutti. Ma le due associazioni che hanno avuto i maggiori finanziamenti, circa 350.000 € l’una e 300.000 € l’altra, sono casi decisamente imbarazzanti: una è stata creata ad hoc e con quei fondi ha creato dei video da postare su un canale Youtube pre-esistente. Già così sarebbe stato difficile giustificare quella spesa, ma il peggio è che in quei video, invece di rilanciare un discorso repubblicano e quindi d’unità, venivano attaccati i politici di sinistra rivali di Macron, in campagna elettorale. Cercavano i voti nelle periferie, e lì venivano attaccati. Ma con soldi che erano destinati a ben altro. L’altra associazione aveva chiesto un finanziamento per tutt’altro progetto, molto tempo prima. Da Ministero hanno contattato l’associazione per chiedere di modificare il progetto in modo di farlo “scivolare” nel nuovo fondo Marianne, prima ancora che fosse pubblicato il bando. E in questa vicenda sono emerse anche molte altre irregolarità non da poco. Poi c’è anche il caso di Sos racisme, associazione arcinota il cui progetto per il fondo Marianne era stato approvato dall’apposita commissione, solo che poi il finanziamento è stato cancellato per intervento diretto del ministero, dopo che il presidente dell’associazione aveva criticato la gestione ministeriale. E tanto altro. Insomma: un imbarazzo non da poco per Macron. E adesso gli tocca scegliere con oculatezza i capri espiatori del momento.