Puccini e gli sgarbati

Versione audio dal podcast di Radio Sound 24

Diciamolo, è la solita piccola Italia anche quando si tratta di celebrare la propria grandezza, una grandezza ormai relegata nella storia. Non siamo più capaci di produrre quasi nulla, da molti anni.

Svendiamo i marchi storici, le aziende che hanno fatto il Paese ma poi non hanno più innovato granché, andiamo fieri di vecchie glorie imperiali e della base linguistica, culturale e giuridica che i Romani hanno dato a mezzo mondo, ma poi non siamo più capaci di unirci su nulla e ci pieghiamo al volere di chiunque purché ci faccia credere che sia voler nostro, ed è fin tropo facile.

Poi dal credere che sia voler nostro al credere che sia bene, e che quindi altro sia male, è un passaggio semplice in una società che non è più tale perché quasi nessuno sa più chi è e che ci sta fare al mondo e quasi tutti si riconoscono ormai solo nel gruppo, nello schieramento: stai di qua o stai di là.

Pure su Puccini, che l’anno prossimo sarà morto da cent’anni.

Si potrebbe semplificare dicendo che a Torre del Lago non vorranno più saperne di direttori d’orchestra il cui cognome inizia con “Ve” e richiama una città veneta: prima Beatrice Venezi, poi Alberto Veronesi.

Ma sarebbe troppo semplice. Dietro c’è la solita guerriglia italiana, un po’ preparata ad arte e un po’ vissuta contro l’arte.

Veniamo ai fatti, in ordine cronologico inverso perché è tutto specchiato, non nel senso dell’onestà ma nel senso del rovesciamento.

Alberto Veronesi, figlio di noto oncologo e direttore d’orchestra piuttosto conosciuto e apprezzato, è stato licenziato dal festival pucciniano di Torre del Lago dopo aver eseguito la Bohème con una benda sugli occhi. E Veronesi s’è bendato perché non voleva vedere lo scempio di un adattamento che era completo stravolgimento, cioè non era solo trasposizione in un’altra epoca, si trattava di una Bohème sessantottina, ma anche sequestro del messaggio pucciniano per farne quello che passava per la testa del francese di turno (dico così perché in tutte queste polemiche c’entra la Francia).

Poi si viene a sapere che è stato Vittorio Sgarbi a suggerire a Veronesi di dirigere bendato, poi qualcuno ricorda che a Milano Veronesi è stato pure candidato con Fratelli d’Italia, e quindi di nuovo a parlare di fascismo di ritorno e così via.

Solo che prima di provarci con la destra Veronesi s’era anche candidato con Sala e quindi col PD, e che Sgarbi con quel suggerimento rispondeva a Christophe Gayral, il regista della Bohème sessantottina, che aveva rivendicato la scelta parlando della pulsione giovanile nel mondo moderno, della necessità di cambiare il mondo e ci aveva messo di mezzo “le macerie culturali del berlusconismo”. Poi Gayral ha detto al Corriere di aver pensato a Zorro quando ha visto Veronesi bendato, e se andiamo avanti così arriviamo alla guerra in Ucraina, per via della Z, e poi sempre più lontano, di salto logico in salto logico.

Ma se l’eco di Torre del Lago ha fatto rispolverare l’immancabile fascismo di ritorno è anche perché Beatrice Venezi aveva eseguito l’Inno a Roma che tanto piaceva al fascismo. Le era stato chiesto di non farlo, e lei l’aveva fatto dicendo di non poter accettare censure. Quell’esecuzione era stata preceduta da una bellissima spiegazione, un discorso molto alto, in cui spiegava l’origine di quel brano e il senso che lei dava a quell’esecuzione. Discorso che però non si trova su Youtube, ma solo in un video a corredo dell‘articolo del Tirreno.

Strano che possa nascere improvvisamente una polemica del genere per l’esecuzione dell’Inno a Roma, strano che qualcuno possa far finta di non volere che lo si suoni sperando proprio nell’opposto, in modo di avere la polemica sperata. Strano perché lo stesso brano nello stesso luogo era stato eseguito sei anni prima da un’orchestra austriaca, e non vi fu nessuna polemica, ovviamente. Tra l’altro l’ha cantato pure Bocelli, anche se non a Lucca o a Viareggio. Di più: al Colosseo, nel 2017. Ma anche in quel caso non pare che qualcuno abbia obiettato.

D’altra parte questa era stata anticipata dal “niet” di una dozzina di associazioni francesi, che hanno scritto una lettera aperta al sindaco di Nizza perché cancelli l’invito a Beatrice Venezi, che dovrebbe dirigere il concerto di Capodanno. Ben lontano il Capodanno, e fa un po’ strano che quelle associazioni francesi si sveglino a metà luglio, pochi giorni prima che la Venezi inauguri la kermesse pucciniana di Torre del Lago.

Il motivo è semplice: Beatrice Venezi è consigliere del Ministero della Cultura, e quindi collabora con il neofascista governo Meloni, nella visione un po’ semplicistica di quelli associazioni francesi.

C’è un parallelo però: sia il sindaco di Nizza che quello di Lucca sono di centro-destra.

In realtà quelle polemiche sono piccolezze che però fanno molto fumo e impediscono di vedere lontano. Sicché, nel bel mezzo di una forte crisi politica e sociale, ci si azzuffa per cercare un passaggio senza sapere in che direzione si vuole andare. E così si butta via tutto, anche la storia.