Ucraina: avanzata “oltre le linee russe”, anzi no

Chi, come e perché ci informa sulle ultime dal fronte

Versione audio dal podcast di Radio Sound 24

Qualche giorno fa si sentiva affermare con estrema certezza che le truppe ucraine avanzavano ormai “oltre le linee russe”. Era il 27 agosto, e la notizia veniva poi consolidata da altre nei giorni successivi, che menzionavano più o meno consistenti avanzate anche in altri settori del fronte, dove però non si parlava e non si parla di sfondamento delle linee difensive russe.

Concentriamoci quindi sul punto in cui, come titolava Ansa poi ripresa praticamente con gli stessi toni da tutta la stampa italiana, le truppe ucraine starebbero ormai avanzando più o meno liberamente “oltre le linee russe”, così veniva scritto.

Ricordiamo che le linee difensive russe nel Donbass sono tre, e quel titolo lasciava intendere che tutte fossero saltate. Invece si trattava delle affermazioni di un alto ufficiale ucraino secondo cui, sfondata la prima linea, le truppe erano in avanzamento verso la seconda, e in quel primo breve tratto incontravano praticamente solo battaglioni logistici. Sicché, supponeva l’ufficiale, da lì in poi le cose avrebbero potuto andare più velocemente, ritenendo che i russi abbiano “investito il 60% delle forze nella prima linea e il 20 nelle restanti” – si suppone che si intenda il 20% in ciascuna delle altre due linee.

Il titolo era quindi ingannevole, la linea superata è la prima e gli Ucraini non si muovono oltre le linee nemiche, ma tra le linee.

Ma andiamo a vedere nel dettaglio dove viene indicato lo sfondamento: si parla di Robotyne, località la cui conquista da parte degli Ucraini non è ancora confermata dai Russi – il che ovviamente non significa che non sia avvenuta, così come non è detto che sia vero quanto riferito dall’esercito ucraino. Di solito, quando c’è un conflitto tra due Paesi, entrambi i portavoce dei ministeri della Difesa finiscono per dire la verità, ma ne scelgono il tempo e la dimensione.

Ma torniamo a Robotyne, che è un villaggio che prima della guerra aveva 450 abitanti, più o meno. Conquistato quello, le forze ucraine avanzano, ma non velocemente come sembrava dai toni dell’informazione nostrana nelle prime ore, verso Tokmak, località quella sì già significativa, nel tentativo di spezzare in due tronconi le zone occupate dai Russi e puntare all’isolamento della Crimea, che in realtà non è un isolamento ma la possibilità di colpirla più da vicino, quindi non solo con i droni ma anche con missili a portata relativamente limitata. L’avanzata ucraina ora è di cinque, forse dieci km nella zona di Robotyne. Ne mancano un’ottantina.

Il problema poi però non è solo nella consistenza delle linee difensive nemiche, ma anche nel tenere le posizioni: più ti allunghi in territorio nemico più devi impegnare armi e soldati per consolidare le posizioni e difenderti fianchi e spalle. Se anche l’esercito ucraino si incuneasse in profondità – e non è detto che non sia esattamente quello che vogliono i Russi – poi avrebbe una maggiore superficie attaccabile.

Adn Kronos riferisce che sono state attivate le forze speciali russe, le VDV, o VoDeVa, che sono truppe d’elite meccanizzate e aviotrasportate, in grado di spostarsi rapidamente con la blindatura alleggerita per poterli paracadutare mantenendo però una notevole potenza di fuoco. Pronti a entrare in azione proprio sul fronte a Robotyne, il che lascerebbe supporre proprio il progetto di attaccare ai fianchi e nelle retrovie le truppe ucraine che si sono inoltrate nel territorio occupato. Sono stati registrati anche altri spostamenti sul fronte, e un tentativo d’accerchiamento non è da escludere. Più a nord sarebbero invece i Russi a guadagnare terreno, ma anche lì si tratta di conquiste scarsamente rilevanti, se non per il morale delle truppe.

Il morale, appunto. L’ultima volta che abbiamo parlato di Ucraina menzionavo una certa stanchezza degli alleati occidentali, che hanno iniziato con tutta la prudenza del caso a mettere sul tavolo la questione del negoziato con cessione di territori.

Zelensky da quel momento ha mandato una serie di messaggi: le notizie più volte ripetute e un po’ imbellettate sullo sfondamento delle difese russe; un paio di frasi variamente interpretabili, che alla stampa italiana hanno lasciato immaginare una disponibilità negoziale che in realtà non esiste, è proprio quello che le due cerchie, una ucraina intorno a Zelensky e una statunitense, vogliono evitare. E poi è arrivato il siluramento del Ministro della Difesa, sostituito con un tataro di Crimea, cosa giustificata da Zelensky dicendo che questa guerra ha bisogno di entrare in una nuova fase. Il ministro silurato in realtà non piaceva a Washington, e la cosa viene quindi vista da molti come una concessione al principale alleato, così come lo è l’arresto di Kolomoisky, il miliardario ex mentore di Zelensky, da tempo persona non grata negli Stati Uniti. Kolomoisky aveva allungato le mani sul gas ucraino proprio nel periodo in cui Hunter Biden, il figlio dell’allora vice-presidente statunitense, e oggi presidente, entrava nel consiglio d’amministrazione di Burisma, l’azienda pubblica ucraina del gas. Insomma, c’è qualche probabilità che il suo arresto a Washington non dispiaccia.

E tutto questo accade quando in Occidente si inizia a palesare stanchezza per questo conflitto, e disillusione di fronte a una controffensiva che comunque la si voglia vedere è lontanissima dai risultati sperati. A Zelensky non restava quindi che fare delle buone concessioni all’alleato americano e mostrare a governi e opinione pubblica una svolta nelle operazioni militari, accompagnata da un accenno a trattative con i Russi, che in realtà ipotizzava solo il ritiro delle truppe russe dalla Crimea una volta che sia stata isolata dagli Ucraini, cosa comunque ancora ben lontana dalla realtà. Da una parte menzionando la cosa si lascia credere che quell’ipotesi sia realistica, dall’altra si svia dall’idea di negoziato sgradita, quella con cessione di territori.

Per quanto riguarda invece il tono e le sottolineature sulle dinamiche del fronte, va detto che Zelensky ha canali ufficiali e non: quello ufficiale è il Ministero della Difesa e i vari portavoce e consiglieri del presidente, quello non ufficiale è altrove, tra Londra e Washington. Per esempio l’ISW, o Istituto per lo Studio della Guerra, che è la fonte quasi unica dei media italiani (un po’ meno in altri Paesi dalla stampa meno monolitica). L’ISW è fondata e diretta da Kimberly Kagan, una storica militare che ha insegnato, tra le altre cose, all’Accademia militare di West Point e ha poi operato sul campo in Iraq e Afghanistan. Tende ad avere una visione molto legata agli interessi del momento per gli Stati Uniti, o almeno per una cerchia tendenzialmente interventista. “Hawkish”, come la definiva il Washington Post all’epoca in cui insieme al marito ammaliò il generale Petraeus, che si fece da loro consigliare in Iraq. Falco anche il marito, Frederick, dominus di un altro think tank, l’American Enterprise Institute.

Questo per gli aggiornamenti dell’attualità dal fronte ucraino: andate a vedere quali fonti sono citate nei vari articoli, seguite il percorso e vedrete che sono due: o il governo ucraino oppure l’ISW.

Quando poi serve un’analisi, niente di meglio dello IAI, l’Istituto Affari Internazionali, che si serve di esperti straordinari. Ma quando c’è da parlare delle cose più delicate parla lei, la direttrice, Nathalie Tocci. Me la ricordo quando moderava un dibattito in non so più quale consesso internazionale: esordì elencando le varie eventualità – vittoria russa, vittoria ucraina, stallo. Il negoziato non lo nominò proprio, non esisteva per lei. Ed erano tempi in cui in teoria quell’opzione era ancora attiva. Ma no, la partita non poteva esser sospesa per pace, era da giocare fino in fondo: 1, X, 2. Subito dopo parlò Josep Borrell, il capo della diplomazia europea, perfettamente in linea con lei. Poi ho controllato un po’: Nathalie Tocci è la super-consigliera di Borrell. Il che può lasciar supporre che la sua analisi sia indipendente quanto lo è l’Unione europea. Non dico che non lo sia, dico solo che le due cose vanno a braccetto.

Ovvio che Russi e Ucraini facciano propaganda, sono due nazioni in guerra: è che in Italia noto una certa solerzia del sistema mediatico nel fornire la notizia certificata dalle autorità morali del caso, senza cercare fonti alternativa, a completamento.