Giornalisti e politici col cuore in mano

Versione audio dal Podcast di Radio Sound 24

Non si sa nelle mani di chi sia il loro cuore, ma tant’è: giornalisti e politici vanno sempre più a braccetto e no, non sto pensando alla coppia più famosa del momento, Meloni-Giambruno e a tutte le polemiche che hanno animato la nostra estate sul compagno giornalista della Presidente del Consiglio: o con la sua partecipazione attiva. Sua di lui o di lei? Anche di entrambi, visto che l’uno polemizzava col ministro-turista tedesco o sulle ragazze che bevono e che Giorgia – mi permetto di chiamarla amichevolmente così, visto che anima il suo “diario di Giorgia” su Facebook – ha rimproverato un po’ di stampa che si occupava del suo compagno, in conferenza a palazzo Chigi. E non che avesse torto, quando ha detto che lei risponde di quello che fa o dice lei e che il giornalista va giudicato in quanto tale, non in quanto compagno di. Non aveva torto, ma non dimenticherei la normale prudenza istituzionale, insomma. Anche se so di essere fuori da questo rutilante mondo moderno che corre verso un radioso futuro d’intelligenza artificiale saltabeccando di social in social.

Ma dicevo che non mi riferisco a loro e invece mi son messo a parlare di loro. Parliamo d’altri, allora. Tutt’altro genere. Faccio un po’ di pubblicità al Giornale, via: avrà Mike Pompeo tra le sue firme. Sarà forse l’unica firma decente, ma questo dipenderà dalla traduzione. Ovviamente scherzo, anche il Giornale ha ancora qualcuno che sa scrivere, e anche bene. Un po’ disastrosa la versione web, ma questa è un’altra faccenda. Fatto sta che l’ex Segretario di Stato USA nonché ex direttore della CIA ha annunciato la cosa proprio lì, sul Giornale, spiegando il senso dell’iniziativa dal suo punto di vista: le origini italiane, la famiglia, e poi la destra e la difesa dei valori occidentali, ma diciamo che è interessante la sintesi finale della sua bella lettera: “L’obiettivo della mia collaborazione con Il Giornale sarà dunque quello di comunicare l’importanza delle relazioni tra Stati Uniti e Italia, chiarire le sfide che noi e l’intero mondo occidentale dobbiamo affrontare e mostrare una strada che permetta agli americani e agli italiani di prosperare”.

Sicché non è proprio un ruolo da giornalista, ma piuttosto da promoter, direi. Anche se parte pure da una base affettiva. Resta il fatto che di solito la propaganda, buona o cattiva che sia – non do giudizi di valore -dovrebbe essere mediata da una redazione. Altrimenti tanto vale dare direttamente lo spazio agli uffici stampa, per esempio. Ci si lavora benissimo, con gli uffici stampa. Ma non scrivono direttamente loro per sottolineare il valore della realtà che rappresentano. Per ovvi motivi. Oppure facciamo scrivere direttamente i consiglieri dei politici – mi direte che già accade, ma permettetemi di dire che non va bene -. Tra l’altro Pompeo servì sotto Trump, che adesso è in piena pre-campagna presidenziale. Sospetto che Pompeo così disinteressato non sia.

D’altra parte, che i politici cerchino i giornalisti fino a voler far parte – ma solo a tempo perso – della loro categoria se non della vita è anche cosa nota: tant’è che François Hollande quand’era presidente francese la giornalista la cercava di notte e s’è fatto beccare mentre andava in scooter a renderle visita. Mica tanto “a tempo perso” quella relazione, perché durava dal 2004 e fu resa nota nel 2010. Ah no, non era lei, Hollande andava a trovare un’attrice, Julie Gayet, mentre era fidanzato con Valérie Trierweiler, la giornalista ex-amante poi Première Dame per un attimo. Tempo due anni e un tentato suicidio e la coppia si ruppe e lui si fidanzò allora ufficialmente con l’attrice pure lei ex-amante, a quel punto. E nel frattempo aveva bell’e dimenticato Segolène Royal, l’ex compagna nonché madre di quattro suoi figli e pure lei impegnata in questi giorni nel tentativo di fare la giornalista. Solo che lei non è Pompeo e invece della carta stampata ha scelto la TV, in un programma chiamato “Touche pas à mon poste” dove ha una rubrica a tema. Prima puntata, a quanto dicono fallimentare, il 14 settembre. Pubblico in fuga. D’altra parte il tema era l’incesto.

In Italia c’eravamo arrivati prima, con Mara Carfagna, che dopo la brillante carriera televisiva e calendaristica passò in Parlamento, da deputata s’è fatta valere e apprezzare ma poi ha pensato bene di provare a fare la giornalista. La testata in quel caso era Il Tempo, che già nel 2016 pubblicava le sue interviste a “personalità in grado di offrire una visione illuminata sulla nostra contemporaneità”, come spiegava l’allora deputata ed ex ministra, che ha peraltro sposato mezza Roma e officiato le nozze del centro-destra. Mezzaroma è il cognome del marito e i testimoni di nozze erano Berlusconi per lei e De Mita per lui.

Ecco, a proposito: per quanto riguarda le coppie giornalista-politico i più anziani ricorderanno Barbara Palombelli con Enrico Rutelli, e se non ricordo male quando lui divenne ministro lei si fece affidare uno spazio, nella testata per cui lavorava, in cui non avrebbe potuto parlare di politica. Così, per evitare problemi. Che non si sa mai.

Ma poi, a penarci bene, anche Rutelli era iscritto all’Ordine dei Giornalisti, così come Salvini, D’Alema, Veltroni e tanti altri. Capita a quelli che hanno fatto praticantato nel giornale del partito, tra le altre cose. E a proposito di giornale di partito: se i finanziamenti pubblici all’editoria in buona parte sono stati soppressi, restano per alcune casistiche particolari. Tra queste, organi di stampa collegati a enti religiosi o partiti politici.

Sicché, quando parlate di indipendenza della stampa, potete anche ridere. Un po’, non troppo. Perché poi non tutto si riduce a questo, ci sono realtà davvero indipendenti.

E non bisogna nemmeno pensare che la cosa si riduca ai nostri tempi: basti ricordare che anche Benito Mussolini e Winston Churchill erano giornalisti, mentre Bill Deedes fu il primo britannico a essere ministro e giornalista di una grande testata. Noi abbiamo fatto meglio, abbiamo preso direttamente l’editore di diverse grandi testate e l’abbiamo messo a capo del governo. Va detto però che i suoi giornalisti restavano relativamente indipendenti. Insomma, tra editori e giornalisti non c’è paragone. Ah, sì, dimenticavo Paragone. Gianluigi Paragone, ma lui è nato in ambito politico anche da giornalista, se non ricordo male. Dalla Padania alla RAI, dove conduceva con successo un programma di cui non ricordo il nome, e poi in politica, adesso con il suo proprio movimento no-euro no-vax e quant’altro. Ma rischierei di dire una sciocchezza se dicessi che è l’unico giornalista a dirigere un partito. D’altra parte non mi sembra che adesso pratichi come giornalista, sicché almeno lui è anche no-conflict.