Francia, la rivolta delle periferie: i costi

Versione audio dal podcast di Radio Sound 24

20 milioni di danni solo per il trasporto pubblico nella regione di Parigi. 400 negozi saccheggiati solo a Marsiglia, diverse migliaia in tutta la Francia. E i commercianti verranno ripagati solo in parte dalle loro assicurazioni. Poi ci sono le panchine divelte, i cassonetti inceneriti, lampioni abbattuti, e qui si parla di costi di diverse decine di milioni a carico della collettività. E poi ancora i beni privati: le automobili parcheggiate, e quelle distrutte non sono quelle di chi può permettersi un parcheggio coperto, evidentemente. Sono spesso le macchine dei lavoratori del quartiere, spesso pagati con lo SMIC, il salario minimo. Ovviamente hanno solo un’assicurazione di base e spesso senza auto rischiano di perdere il lavoro, o almeno i giorni di salario.

Poi ci sono i costi indiretti, quelli per esempio dei centri d’aggregazione vandalizzati, come le mediateche, attaccate in diversi luoghi. Quartieri ancora meno sicuri e lasciati in mano ai trafficanti. In fondo se gli obiettivi erano quelli ci sono due motivi: l’irrazionalità della folla, ma anche l’intento di riprendersi in quartiere, di non consentire ai ragazzi per bene di farsi una vita autonoma invece di diventare manodopera criminale.

A disordini ancora in corso, anche se da qualche notte con intensità decrescente, si iniziano a fare le prime stime dei danni materiali, mentre il resto richiederà più tempo. Il dibattito politico è aperto, e diventa anche scontro tra chi parla di immigrazione e chi nega che ci sia un legame.

Però ad Hay les Roses, dove la casa del sindaco è stata attaccata usando un’automobile come ariete, gli immigrati extra-europei negli anni ’60 erano il 4%, vent’anni dopo erano intorno al 20%, nel 2007 erano il 42% e adesso sono ampiamente maggioranza. Ed è solo un esempio.

Si può ritenere che il problema non sia direttamente derivato dalla massiccia presenza di immigrati, ma che sia in qualche modo collegato. Se sono così concentrati in determinate zone è per due motivi: scarsa gestione del fenomeno, e la storia recente in altri quartieri dimostra che quando si evitano le concentrazioni eccessive e si mischia la società in un quartiere si ha qualche possibilità in più di salvare la situazione, come è successo in un quartiere problematico di Lione, grazie anche a una serie di interventi di riqualificazione urbana.

E poi il fenomeno è probabilmente collegato al crollo del mercato immobiliare in quelle zone, unito a una politica sbagliata di concentrazione degli alloggi popolari all’inizio degli anni ’80. Sicché, se in una determinata zona gli affitti costano meno e nelle altre zone costano troppo, è evidente dove si concentreranno le famiglie più in difficoltà, quelle più a rischio di marginalizzazione. Che diventa poi rapporto difficile con le istituzioni. Stava migliorando, ma come detto certe ricadute servono alla delinquenza locale e c’è chi sospetta che siano stati proprio i trafficanti a spingere e direzionare i disordini.

Poi naturalmente c’è chi sospetta che sia un “coup monté”, cioè una situazione creata ad arte dal “sistema” per avere ancora più agio a imporre una politica restrittiva, e anche silenziare le proteste sociali che erano in corso.

Teoria di complottismo estremo, questa, che ha un paio di difetti: bisognerebbe avere uno Stato in grado di manipolare delle masse con cui non ha rapporti da anni, e bisognerebbe anche che vi fosse un aumento effettivo della politica restrittiva, cosa che ad oggi non è se non per il coprifuoco notturno imposto in alcuni dei quartieri più colpiti. Cosa relativamente normale, questa, e di portata certamente non tale da controllare tutta la società. E poi ci vorrebbe anche un poliziotto pronto a uccidere intenzionalmente un ragazzo, non perché magari nervoso o chissà per quale altro motivo personale, ma perché qualcuno gli avrebbe detto di farlo, e questo ovviamente comporterebbe tutta una catena di comando a conoscenza del progetto. In tutta evidenza, quella teoria di manipolazione totale non è realistica. Sarebbe molto più facile inventarsi un attacco terroristico, per ottenere quegli effetti.

Che poi la cosa possa comunque andare a beneficio del governo perché ora c’è da dimostrare unità nazionale e delle proteste di piazza che erano in corso non si parla più è vero a metà: già s’erano quasi dimenticate quelle proteste, perché le cose si dimenticano in fretta e perché la riforma delle pensioni ormai è battaglia persa. Tra una settimana, forse due, anche i disordini di queste notti saranno probabilmente già lasciati alla storia. E si tornerà a parlare di una piazza di nuovo piena, in attesa del prevedibile autunno caldo sociale. Perché sotto la cenere continua a covare una brace mai veramente spenta.