La Borsa e le sue emozioni

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Chi pensa che tutto in Borsa sia razionale probabilmente sbaglia. Anche se in fondo anche l’irrazionalità, quando è collettiva, diventa misurabile. E quindi diventa in qualche modo razionale.

Il fatto è che in questi giorni, in queste settimane, c’è parecchio nervosismo in Borsa. E qui, in questo “Diario del piccolo investitore”, proverò a mettere insieme alcune considerazioni, a volte anche sensazioni, sul funzionamento delle borse mondiali.

Un po’ per sfogo, come quelle persone al supermercato che scegliendo i prodotti negli scaffali parlano da sole. E un po’ per dare una mano, qualche indicazione, a chi volesse cedere alle pressioni della propria banca e investire una parte dei propri risparmi, ma gestendo magari in proprio.

E, soprattutto, questo appuntamento settimanale spero che si riveli utile a quanti vogliono capire meglio le varie dinamiche finanziarie e quindi anche politiche. Perché si sa, lo spread, anche se non se ne parla quasi più, e poi l’inflazione, il rischio recessione e gli squilibri dovuti alle scelte delle banche centrali… tutto questo condiziona non poco le scelte politiche.

Adesso c’è la guerra, l’abbiamo capito. E le sanzioni. L’embargo a uno dei maggiori produttori di gas e petrolio, il conflitto che mette a rischio l’export di due grandi produttori di grano, oltre a un certo numero di materie prime fondamentali per le nostre industrie. E quindi è normale che ci sia preoccupazione, sulle piazze finanziarie. Fibrillazione. Azioni che salgono e scendono a volte anche senza ragione apparente. Il petrolio per esempio, e il gasolio da riscaldamento: alti e bassi, picchi di qua e di là che sembrano quelli di un cuore impazzito.

Ma è normale anche perché è primavera, che è una stagione cruciale: lo è in agricoltura, lo è per l’ambiente perché si devono riempire le falde acquifere, deve piovere, devono cominciare a sciogliersi le nevi su in alto, è fondamentale anche il turismo perché ci sono i ponti, tra Pasqua Liberazione e festa del Lavoro, e perché gli alberghi iniziano a ricevere le prenotazioni per l’estate e capire la stagione che sarà. E questo è quello che succede anche in Borsa: società che staccano i dividendi, società che dichiarano i conti trimestrali, e il tutto si aggiunge alle attese per le decisioni delle banche centrali sui tassi d’interesse.

Ecco, la seconda metà di aprile è tipicamente un grande incrocio in cui le azioni schizzano di qua e di là, soprattutto in Europa: perché negli USA i dividendi vengono staccati ogni trimestre, mentre da noi le aziende li pagano in un colpo solo, tipicamente in primavera.

E quando un’azienda stacca un dividendo la sua azione perde valore, più o meno nella stessa percentuale. Perché i soldi che vengono dati agli azionisti vengono tolti dal capitale, che è rappresentato dalle azioni. Che quindi valgono meno. Sicché le aziende che danno i dividendi più alti vengono guardate con sospetto, perché nessuno è fesso e tutti capiscono che se dai un dividendo alto è per attrarre gli investitori, quindi forse non hai fondamentali abbastanza solidi per poi far crescere di valore, cioè di prezzo, le azioni. Però, soprattutto in campo energetico, ci sono anche le aziende che possono staccare dividendi alti sapendo che comunque le loro azioni saliranno di prezzo abbastanza da compensare largamente la spesa.

E quindi si guarda con sospetto anche a un’azienda che ha sempre dato dividendi alti e poi un giorno annuncia un dividendo più basso: “fa bene”, direte voi. Così si concentra sugli investimenti, sulla crescita industriale, magari anche sugli aumenti salariali. E invece no: perché se annuncia un dividendo più basso per la Borsa vuol dire che probabilmente c’è qualche difficoltà. E siccome i dividendi vengono annunciati settimane prima dei dati trimestrali, finisce che la tensione su quelle azioni dura per settimane, perché gli investitori hanno paura che quella decisione sia indice di difficoltà finanziarie. Per cui molti se ne vanno, vendono, prima del temuto disastro. E l’azione scende, sapendo che scenderà molto di più quando verrà pagato il dividendo annunciato perché a quel punto, con l’azione svalutata, impatterà molto di più, in percentuale. E allora, se quel giorno vedi un’azione che precipita del 6, 7, 10%, che devi pensare? Io vado a guardare i dati, il valore di riferimento nel giorno in cui è stato annunciato il dividendo, e se le cose mi sembrano più o meno coincidere, se non ci sono problemi di fondo, cioè cause politiche, industriali e quant’altro, posso ritenere che in quel momento si possa vedere un ottimo affare, un ottimo prezzo a cui acquistare quelle azioni.

Ma so anche che ci vorrà pazienza e che il rischio è sempre lì: nella percezione. Può essere sbagliata la mia, magari verrò smentito da brutti dati trimestrali, l’azienda non va poi così bene, oppure posso averci visto giusto, ma siccome gli altri non hanno fatto la stessa scelta finisce che la mia è comunque sbagliata.

Tocca seguire la corrente, in Borsa. O anticiparla ma non troppo: pensare quello che pensano gli altri, insomma. E non è sempre facile.

Faccio un esempio: da piccolo, piccolissimo investitore, ho comprato azioni di una società che fa metanizzazione agricola, cioè recupera metano dai resti delle fattorie. Mi è sembrata un’ottima idea: ecologica, anche di tendenza, e poi è una PMI e mi sembra anche bello aiutare nel mio piccolo un’azienda di dimensioni umane. Però il titolo è andato giù, giù, giù.

Ho cercato una ragione plausibile, alla fine ho dovuto accontentarmi di un perché comprensibile ma certo non condivisibile, per me: il fatturato era in crescita, nel trimestre. Ma meno di quanto avessero previsto i soliti analisti. Sicché, performance positiva ma giudicata negativamente. E se uno che conta dice che è brutto, che non conviene, allora non conviene e basta. Sicché son scappati in tanti. Io mi dico che adesso arriva la stagione in cui l’agricoltura prenderà più spazio, che quelle azioni sono destinate a risalire e che tocca portar pazienza. Non vendo, non cedo alla paura. Ma gli altri ragionano allo stesso modo?

Certo che lo fanno, ma sanno anche che le azioni di ogni azienda, anche di medio-piccole dimensioni, rispondono ormai a determinati automatismi, perché i grandi investitori, e anche quelli istituzionali, cioè i fondi d’investimento, diversificano, comprano un po’ di tutto, e fissano in partenza un livello che, se raggiunto, determina automaticamente la vendita di quelle azioni. Quindi io posso sapere che quell’azienda è solida, ma a loro non interessa più di tanto: ha perso o guadagnato il 2%, si accetta la perdita o si incassa il guadagno, insomma si esce, automaticamente.

E gli altri investitori sanno che c’è sempre una massa di investimento che risponde a quegli automatismi, sicché la domanda non è più se l’azienda è solida e vale, ma cosa faranno gli altri, quelli là.

Poi certo, è anche questione di tempo: ma del fattore T parleremo un’altra volta. E parleremo anche di un’altra categoria di investitori, e di molti broker, che fanno un altro tipo di analisi.

Oggi abbiamo iniziato così, sul tema dell’apparente irrazionalità di alcune cose che accadono in Borsa. Ah, ecco, intanto ha aperto Wall Street: un po’ di azioni che erano crollate ieri risalgono bene oggi, altre vanno ancora più giù. Scendono un po’ gli energetici, anche perché è sceso il petrolio – chissà perché poi, visto che l’Opec aveva tagliato la produzione e le scorte americane si riducono. Basta la fine dell’inverno a togliere la preoccupazione? – e risalgono alcuni titoli finanziari e fondi immobiliari. Fino allo scoppio della prossima bolla, si suppone.