Primo maggio francese

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Guerra di cifre, di cassonetti e di vetrine nell’edizione odierna di “Parigi e dintorni”: parliamo di quello che è successo in Francia durante e dopo una giornata di manifestazioni sulle quali la storia recente e i sindacati avevano messo un peso notevole.

Guerra di cifre, come di consueto: perché i manifestanti in tutta la Francia sarebbero stati poco più di 850.000 per il Ministero degli Interni mentre i sindacati ne rivendicano 2.300.000.

E poi i soliti cassonetti incendiati, le vetrine sfondate, insomma i soliti disordini a margine delle manifestazioni pacifiche: Sophie Binet, la neo-eletta segretaria della CGT (il sindacato francese più vicino all’opposizione di sinistra) ha parlato di una “giornata di festa”, mentre Elisabeth Borne, Primo Ministro francese, definiva inaccettabili le violenze che hanno portato a 200 fermi e, sottolineava, anche al ferimento di una decina di agenti di polizia, di cui uno ustionato da una bottiglia Molotov.

Esistono entrambe le cose, naturalmente: le grandi manifestazioni pacifiche e le frange di violenti. Solo a Lione la prefettura, poco prima dell’avvio del corteo, parlava di 2.000 persone “a rischio violenze”, tra le quali un migliaio di Black Block. Su quali informazioni abbiano basato quelle stime non si sa, ma è evidente che qualche violenza s’è poi verificata.

Ricordiamo che le polemiche sull’azione delle forze dell’ordine nelle scorse settimane hanno riguardato sia la fase preventiva che quella repressiva: la prevenzione contestata anche da alcuni sindacati di polizia, per via dell’ordine giunto dal Ministero dell’Interno di fermare i manifestanti che si aggregassero per cortei non autorizzati. Solo che la legge francese non vieta le aggregazioni spontanee e in caso di violazione di un divieto espresso prevede al massimo una sanzione amministrativa. Quindi l’identificazione e la multa, non il fermo. E poi sono stati contestati alcuni abusi della polizia, a partire dall’eccessivo uso dei lacrimogeni – cosa avvenuta anche nel primo maggio parigino per disperdere la folla a fine giornata – e di cariche non necessarie, comprese alcune violenze nei confronti di giornalisti, tanto che lo stesso Ministero ha dovuto emanare nei giorni scorsi una circolare apposita.

Piccola novità della giornata, i droni: almeno due fermi a Lione sono stati resi possibili dall’uso dei velivoli senza pilota, autorizzato dal tribunale amministrativo locale. Non ancora dai droni e dalle telecamere associati all’intelligenza artificiale: quella è una novità che entrerà in campo dalle parti di Parigi nella fase olimpica, l’anno prossimo.

Sul primo maggio c’erano almeno due motivi, quantomeno simbolici, per trattenere il respiro: il primo sta nella storia recente, ed è il “caso Benalla”: esattamente cinque anni fa, il primo maggio del 2018, un assistente d’alto livello del presidente Macron, che spesso ne organizzava la sicurezza, decise di andare a dare una mano alla polizia nella repressione, piuttosto dura, dei manifestanti. La cosa venne a galla e si trasformò in scandalo anche perché Benalla girava con un’arma di servizio che non avrebbe potuto portare e anche successivamente alla sua sostanziale, o almeno apparente, estromissione dall’Eliseo manteneva le credenziali diplomatiche, a quanto pare illecitamente.

Il fatto è che Macron dovette rinunciare ai suoi servigi dopo una prima fase di diniego, e fu il primo grande imbarazzo della sua gestione.

Ora sul tavolo c’è la riforma delle pensioni da poco approvata nonostante settimane di grandi proteste, approvata con metodi democratici ai limiti dei regolamenti, ma il fatto è che quella riforma è passata e che il presidente ha provato a metterci una pietra sopra, aprendo formalmente la porta ai sindacati e alle imprese per discutere di una serie di riforme ulteriori, tra le quali quella della disoccupazione e una parte della normativa sul lavoro. E i sindacati gli avevano risposto “fino al primo maggio non se ne parla”.

Passato il primo maggio – ed era ovviamente fondamentale per i sindacati che le manifestazioni richiamassero un gran numero di persone, mentre per il governo sottolineare le violenze è sì doveroso ma permette anche di sminuire la portata delle manifestazioni, insomma in qualche modo di toglier peso ai sindacati – passato il primo maggio, dicevamo, resta da vedere quale sarà ora l’atteggiamento dei sindacati: i toni del governo sul fondo non sono cambiati, e passare dalle porte sbattute in faccia a una stretta di mano può esser molto difficile da far digerire alle loro basi, ai lavoratori, a tutte quelle decine di migliaia di persone che da settimane protestano, richiamate dai sindacati ma probabilmente pronte anche a continuare senza di loro. E’ probabile quindi che i rappresentanti dei lavoratori mostrino disponibilità andando a incontrare Macron per poi dire che l’incontro non è servito a nulla. Come avevano d’altra parte già fatto incontrando Elisabeth Borne dopo l’approvazione della riforma.