Quel che non si dice su Berlusconi

Versione audio dal podcast di Radio Sound 24

Titolo acchiappa-click, per una volta. Non vi riveliamo nessun segreto qui, nemmeno quelli di Pulcinella. Però parliamo di chi ha detto e chi non ha detto e cosa, su Berlusconi. A una settimana di distanza, ci permettiamo di andare a vedere quanto e come siano state spese parole più o meno belle sul grande defunto.

Ecco, la mini-striscia di Alessandro Madi (disegnata su carta e fotografata, in questo caso) rappresenta un po’ l’assurdità di questa settimana.

È tutto partito con un dibattito anche normale, previsto: meriti e demeriti di Berlusconi, chi sottolinea i primi, chi predilige i secondi, chi sottolinea la scarsa empatia dell’altro eccetera.

Poi le polemiche non tanto sulla decisione di dichiarare il lutto nazionale, perché lì si sono avute critiche, non proprio polemiche: quelle sono venute dall’altra parte, quando si è ritenuto che fosse indecente esprimere pubblicamente dubbi sulla scelta operata dal governo.

Ci torniamo tra poco, su questi punti. E prometto che dopo dirò anche brevemente la mia, su Berlusconi. Alla fine, così chi non è interessato può andarsene prima e chi invece è in cerca dell’ennesima opinione ha da sorbirsi prima tutto il resto.

Adesso però balziamo un attimo alla fine, una settimana dopo, e i ritmi sono dettati dal quotidiano di famiglia, Il Giornale, che per giorni è stato monotematico e solo adesso ha ricominciato a pubblicare anche qualche notizia su altri argomenti. Pur mantenendo alta però non solo l’attenzione al tema, ma anche la vis polemica. Prima ci hanno descritto, per un paio di giorni, il gran rifiuto di Conte che non è andato al funerale e un PD che sarebbe in via di deflagrazione a causa della decisione di Elly Schlein di inseguire il Movimento Cinque Stelle, nonostante il fatto che Conte abbia tranquillamente mangiato baccalà durante i funerali di Silvio Berlusconi e Grillo abbia poi parlato di passamontagna e di brigate di cittadinanza e la Schlein sia comunque andata alla sua manifestazione contro il governo (“per un saluto”, dirà poi lei mentre un paio di rappresentanti locali lasciavano il partito).

Poi, a una settimana di distanza, quando almeno metà della prima pagina si riapre al mondo, c’è pur sempre una rubrica “Addio a Silvio Berlusconi” che campeggia in alto e vi fa atterrare nel bel mezzo della quarantina di articoli dedicati al grande defunto. Come tutto il resto dell’informazione nazionale, ma di più. Ecco, a una settimana di distanza gli ultimi articoli raccontano della “piccolezza” di chi non ha celebrato come si doveva: dagli insulti di un centro sociale su una bara di cartone a un sindaco del PD che “nega il lutto al Cav”, e poi il titolo impressionante su Majorino, leggiamolo: “Intitolare vie solo a chi unisce”- Il solito fango di Majorino su Berlusconi. E insomma, parlare di “fango” perché ritiene che Berlusconi sia stato un personaggio divisivo è forse un pochino troppo, considerando anche che Majorino reagiva alle varie proposte di intitolare subito vie, piazze, statue di marmo e persino l’aeroporto di Linate. Ma il meglio è arrivato proprio all’ultimo, nell’articolo più fresco, che titola: “Il silenzio davanti alla morte del Cav – tutta la piccolezza dei Ferragnez”. E davvero nell’articolo si legge: “in quest’occasione hanno dimostrato tutta la loro bassezza morale e comunicativa, che va oltre follower e guadagni”. E ancora: “Se avessero espresso un pensiero per il Cavaliere probabilmente avrebbero ricevuto critiche e per loro questo è evidentemente più importante della carità dei sentimenti di fronte alla morte. È davanti a episodi come questi che si misura la grandezza, o la piccolezza, umana”.

Siamo al parossismo: per una volta che Fedez e Ferragni stanno zitti, per una volta che mezza Italia è contenta del loro silenzio, ecco che Il Giornale li rimette al centro della scena – si fa per dire – e accende il riflettore morale sul colpevole silenzio. Ché se avessero parlato, effettivamente, la stessa redattrice avrebbe certamente lamentato la cosa e sottolineato parole inopportune e parlato dell’empietà di quella coppia. Un po’ come tutti quelli che in tutti questi anni hanno segretamente augurato lunga vita al Cav per poterlo pubblicamente detestare più a lungo.

Ho parlato tanto del Giornale perché se dal punto di vista politico, imprenditoriale e sociale l’evento della settimana era certamente la morte di Berlusconi e poi il suo funerale, dal punto di vista dell’osservazione dei media invece la notizia è proprio l’atteggiamento del quotidiano edito dai Berlusconi. Un po’ tutte le redazioni in generale si dividono tra quelli che pensano che quando succedono cose particolarmente importanti si debba procedere in modo monotematico, cioè parlare solo di quello, e quanti invece pensano che così il pubblico lo perdi per noia. Qualunque evento, qualunque sia la sua importanza, finisce per stancare se si esagera. Ecco, quella testata va oltre quel dibattito, arriva a puntare il dito vindice contro chiunque dissacri il lutto ipotizzando che si potesse procedere con funerali di Stato ma senza lutto nazionale o che magari se ne sia parlato anche un pochino troppo. Non lo so se sia poco, giusto, troppo. Mi limito a escludere il “poco”, ecco. Ma penso che in un mondo normale sia lecito pensare che magari è troppo, che sia lecito persino dirlo, e che sia a maggior ragione lecito non dire niente.

Sul tutto che è stato detto in settimana da tutte le testate, in breve: si è detto dei guai giudiziari, si è detto del grande imprenditore e dell’editore che ha cambiato il panorama mediatico, e c’è chi dice in bene e chi ritiene l’opposto e chi come me pensa che l’abbia cambiato e basta, oltretutto era nei tempi. S’è detto ovviamente del politico, dell’uomo amato-odiato dai leader di mezzo mondo, si è detto un po’ di tutto insomma.

A me però sembra – e qui vengo a parlare di cose serie dopo aver a lungo ironizzato sulle pur comprensibili isterie del Giornale – a me sembra che in questa fase storica sarebbe stato particolarmente interessante sottolineare proprio il rapporto con la Russia. Non parlo di Putin qui, dell’abitudine di Berlusconi e poi degli altri leader occidentali di presentare i loro rapporti come amicizie personali, come se da quelle dovessero dipendere i destini di un Paese. Parlo invece del G8, cioè il G7 più la Russia: un avvicinamento voluto proprio da Berlusconi, la rappresentazione più forte della fine della Guerra Fredda. Da lì si sarebbe potuto, dovuto forse, partire per un’analisi seria del presente. Mi pare che se ne sia persa l’occasione. Si è relegato Berlusconi nel passato, come a voler chiudere rapidamente la bara mantenendo però aperte le bocche. Le bocche, mai le orecchie.

E poi s’è parlato del Milan, ovviamente: dei grandi successi sportivi. E però per me la sua più grande impresa è stata l’ultima, quella del Monza. Prima entrava in scena in modo prorompente, aveva la potenza di fuoco, arrivava spendeva faceva e vinceva. L’ultima sfida invece è partita da molto indietro, e con l’amico di sempre, Galliani, s’è fatta di nuovo la storia con la promozione in serie A e subito un campionato di rilievo. Senza sforamenti nel bilancio e senza troppi santi in paradiso. A Monza sì che ha vinto la sfida: tanto più bella perché da quella non dipendeva il destino di niente, né della sua ricchezza, né avrebbe ottenuto voti ormai, niente. Una sfida e basta. Vinta, come vinse quella immobiliare all’inizio. Anche se per quella qualche debito l’ha lasciato. Se non altro un bel po’ di panini non pagati in un bar di Milano, il cui proprietario mi raccontò la cosa molti anni fa. Il giovane Berlusconi teneva spesso lì i suoi primi incontri informali con banchieri e imprenditori, offriva a suon di “segna che poi pago” e poi pare che se ne sia dimenticato. Me lo raccontava senza rancore, il barista: era affascinato dal giovane dinamico che aveva conosciuto, e in fin dei conti era fiero di aver contribuito al suo successo.