Senza troppi complimenti
Questa volta per parlare di quello che accade in Francia possiamo partire dalle faccende di casa nostra: non per altro, è che certa stampa italiana ha un po’ sguaiatamente gioito degli elogi tributati ieri a Giorgia Meloni da una testata giornalistica francese, Le Figaro, giornale storico di riferimento dei conservatori francesi.
In un editoriale che – così come le precedenti contestatissime parole del ministro Darmanin – era ovviamente più rivolto all’interno che a noi, e cioè tendeva più a sottolineare le insufficienze del governo francese che ad elogiare Roma, l’elogio però c’era ed andava inteso per quello che era: contraddittorio francese, roba di casa loro, e oltretutto non è che s’andasse a sottolineare un buon governo o chissà quali benefici per gli Italiani: la parte riservata ai complimenti tendeva più a sottolineare una certa cinica bravura di una donna di governo che ha saputo imporsi con una linea che l’editorialista ritiene moderata all’estero e più radicale all’interno: cioè, fuori faccio vedere un paese allineato e dentro rispetto il programma, più o meno.
Sicché mi permetto anch’io di paragonare, perché se una cosa i Francesi hanno di meglio rispetto agli Italiani è la capacità di essere popolo, di lavarsi i panni sporchi in casa e di non aver bisogno di sventolare giornali stranieri per capire qualcosa di sé o anche semplicemente per attaccare l’avversario.
Non ho mai visto un giornale francese attaccare il governante di turno per via dell’articolo di un giornale italiano; né ho mai visto articoli che attribuissero agli Italiani tutti chissà quale visione politica sulla Francia di cui si dovesse tener per forza conto, né ho visto scritti che ritenessero più o meno valido un governante francese in base al numero di bacetti e strette di mano ricevute nei consessi internazionali. Sì, qualche caduta ce l’ha anche la stampa francese, ma non come da noi: non tutti i giorni e non così.
Da noi vale tutto: ricordo la sinistra che sventolava l’Economist come se fosse Bibbia, noto adesso a destra articoli con toni caciaroni celebrare l’inno alla Meloni cantato da Le Figaro e sottolineare quanto “je rode” alla sinistra che stava giusto sottolineando il presunto isolamento internazionale del nostro governo.
Eh no, s’ha da crescere: non stanno tutti a guardare sempre come ci vestiamo.
Gli interessa capire se gli rompiamo le scatole da qualche parte nel mondo e se gli possiamo essere utili per qualcosa. Per il resto si fanno i fatti loro, gli altri.
E a proposito di fatti loro: è inutile gioire per la condanna al carcere dell’ex presidente Sarkozy, come se questo dovesse ledere l’Ego dell’odiato francese: finito il lavoro, un presidente in Francia riprende la sua vita e può anche essere condannato. Non è così sconvolgente, per i francesi. Non ne è piena la stampa, tantopiù che in carcere non ci andrà davvero, semmai avrà il braccialetto elettronico per un anno sui tre di condanna – gli altri due son condizionali – e che ha da affrontare altri processi, oltre al ricorso per quello in cui è stato condannato. C’è tempo, insomma, e mai lo si vedrà ammanettato. Show all’italiana a Parigi non ne fanno. Ne fanno altri, come la faccenda delle pensioni e le proteste e tutto il resto.
Oggi abbiamo parlato d’altro, ma vi dico solo velocemente che Elisabeth Borne, che oltre ad essere capo del governo è anche incaricata da Macron di gestire l’agenda della transizione ecologica, ieri ha riunito un po’ tutte le parti in causa, per comunicare sostanzialmente che in quest’anno di governo non s’è fatto nulla. Mentre la settimana scorsa aveva incontrato i sindacati, uno alla volta come voluto da lei, non sulla riforma delle pensioni ma sulle prossime riforme che il governo desidera tanto, ancora in odore di taglio dei diritti dei lavoratori secondo i sindacati.
Da quegli incontri non è venuto nulla naturalmente, salvo il fatto che Elisabeth Borne dopo aver detto che lì si sarebbe parlato d’altro e certamente non della riforma delle pensioni in quanto già approvata, ha pensato bene proprio all’uscita della prima riunione di bollare come anticostituzionale la proposta di legge presentata dalla sinistra, per l’abrogazione della riforma che il governo ha appena passato con legalità formale ma notevoli acrobazie in quanto alla legalità sostanziale.
Fatto sta che si torna in piazza il 6 giugno, e l’8 l’Assemblea Nazionale dovrebbe discutere questa proposta legislativa di cui il governo contesta la costituzionalità. Se l’esecutivo nei prossimi giorni invocherà l’art. 40 della Costituzione per impedire nuovamente che si discuta in Parlamento della riforma delle pensioni ovviamente il clima ne sarà esasperato.
In caso contrario come sapete la maggioranza non c’è e l’esecutivo sarebbe a rischio, dovendo ancora fare affidamento sugli instabili Républicains. Il governo si è salvato per pochi voti da una mozione di sfiducia nelle settimane scorse. Nella destra conservatrice non erano pochi i dissidenti che hanno votato contro la linea decisa dalla leadership del partito, e vista anche la postura del quotidiano di riferimento e quel che sembra essere l’atteggiamento del loro elettorato non sembra difficile immaginare che qualche voto in più possa lasciare l’area macroniana.
Sicché è molto probabile che per il 6 giugno la tensione cresca ulteriormente, e di molto.
Ai più curiosi ricordo che l’art. 40 della Costituzione francese è quello che richiede copertura finanziaria per ogni norma che si voglia proporre, e secondo il governo l’abrogazione della riforma farebbe venir meno 18 miliardi di euro. L’opposizione, che in realtà nella proposta include una nuova tassa sul fumo per compensare la perdita, ritiene anche capziosa l’argomentazione del governo perché quei 18 miliardi sono il risparmio stimato dall’esecutivo dalla riforma appena approvata, che ovviamente non ha ancora fruttato nemmeno un euro, ad oggi. Sicché non vi sarebbe nessun ammanco, ma solo il rigetto di una soluzione proposta dal governo cui competerebbe quindi cercarne altre. Tecnicismi, se volete. Vedremo come andrà a finire. Banche e negozi intanto si preparano a fissare di nuovo i pannelli a protezione delle vetrine.