Questione di tempo

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“Diventerai un campione, è solo questione di tempo”. Oppure: “vedrai che col tempo riuscirò”. Manipolatori, illusionisti ed illusi su una cosa concordano: il tempo è lo strumento della speranza. E se di speranza ci si vuole drogare, fino a vivere d’illusioni, allora il futuro è il luogo giusto in cui proiettarsi.

Vale in tutti i campi, e tra l’altro ricordo un’intervista del Dalai Lama, su non solo quale canale né precisamente quanti anni fa, ma ricordo che si disse stupito di un atteggiamento della nostra società: la tendenza a rinviare continuamente il momento di vivere, a preparare il domani dimenticandosi dell’oggi.

Non che si debba essere d’accordo in termini assoluti, il tempo serve anche a preparare progetti e il domani sì, lo si prepara, altrimenti non sarei qui a tediarvi tutte le settimane con le proteste in Francia contro la riforma delle pensioni. Anche se in fondo pure questo va nel senso di quanto detto da quell’anziano e sorridente signore tibetano. Ma è un discorso troppo lungo, questo.

Oggi è di finanza che volevamo parlare, e naturalmente vale anche in questo campo tutto quello che abbiamo detto finora.

Prendiamo per esempio le decisioni che vengono volta per volta prese e comunicate dalle banche centrali sui ritocchi ai tassi di riferimento, cioè al costo del denaro: insomma, tra un rialzo e l’altro ci viene detto che tutto va abbastanza bene, che è solo questione di tempo e l’inflazione scenderà e saremo di nuovo campioni, e tutto per far digerire la pillola del nuovo rincaro.

E anche loro, i signori che prendono quelle decisioni: lo sanno loro che se sbagliano il momento fanno danni gravi, ballano sul filo sottile tra il precipizio dell’inflazione a sinistra e quello della recessione a destra. O il contrario se preferite.

E sanno anche che l’inflazione americana ha basi diverse da quella europea, ma si trovano a dover rincorrere gli Stati Uniti anche in questo, anche adottando misure che forse non andrebbero adottate in altri momenti, perché se non lo fanno finisce che si svaluta troppo l’euro sul dollaro e non è proprio il momento giusto. Meglio ballare al ritmo dell’altro e rassegnarsi a quel che sta suonando l’orchestra.

E noi, piccoli qua sotto, dobbiamo a nostra volta interpretare il momento: il mutuo per la casa adesso lo facciamo a tasso fisso o variabile? Adesso converrebbe variabile, perché prima o poi i tassi torneranno a scendere, ma quanto prima e quanto poi? Non è che magari è meglio rinviare del tutto l’acquisto della casa? E l’investitore, quello che vorrebbe vendervi la casa: anche lui ci pensa, perché teme che voi vi possiate tirare indietro: l’abbiamo già detto, è sempre questione di percezioni e paure, sicché alla fine dei conti i tassi saranno pure alti, ma possono scendere i prezzi della casa e le due cose un po’ si compensano. E in fin dei conti forse è meglio fare la cosa più semplice: se pensi che ti serve una casa ed è adesso che te la puoi permettere, comprala e basta. Soprattutto se hai trovato quella giusta.

Forse ha ragione il Dalai Lama: vivila, la vita. E parliamo anche di azioni, adesso: c’è la guerra, io due mesi dopo lo scoppio del conflitto iniziavo a investire pochi spiccioli sulle piattaforme di trading, roba che puzza di scommesse e azzardo, vista da fuori. Mi ero detto che di guerre ne abbiamo viste tante, anche in Europa, e le borse non sono mai andate a schiantarsi. E che prima o poi sarebbe finita e le azioni avrebbero avuto rimbalzi interessanti. Le compri quando calano, le vendi quando salgono, guadagni come con qualsiasi prodotto che si compra e si vende. Poi la guerra ha preso le dimensioni che ha preso e il tavolo dei negoziati ancora non si vede e nessuno pensa che si vedrà a breve.

E allora che si fa, con azioni che hanno perso il 20, 25, 30% del loro valore? Prevedere il futuro non si può se non in termini di probabilità, che spesso è un ragionamento che tramonta nell’illusione. “Passerà”, ci si dice, e ci si ostina. Ché a un certo punto le scelte sono solo due: o stai, o vai. O vendi, o aspetti. Se vendi accetti una perdita, se aspetti ti prendi rischi ulteriori.

Se il dubbio si fa amletico, è l’emozione a prendere il sopravvento.

E allora non va bene: Yukio Mishima in uno dei suoi Noh diceva che se sei indeciso tra vivere e morire è meglio morire. Il Dalai Lama invece dice che in attesa di morire è meglio vivere. Io, nel mio piccolo, dico che tra la vita e la morte c’è la crescita. Il tempo in cui si impara, anche a vivere. A capire il mondo in cui si cammina, a gestire le emozioni, a darsi degli obiettivi e perseguirli.

Un po’ vaga come soluzione, me ne rendo conto. E’ che non ho ceduto al panico, perché ho deciso di non decidere sotto la pressione della paura. Mi son detto che non è il tempo della guerra che deve passare (ovviamente sì, mi sto riferendo alla determinazione della scelta), quello passerà quando avranno finito di guerreggiare, non è quello a determinare concretamente il mercato. E’ il tempo della paura: se gli altri hanno paura le cose vanno male, anche se tu di paura non ne hai, anche se sai che non c’è motivo di averne. “Ho seminato ed è venuta la siccità – mi son detto – ma i semi restano nella terra e germoglieranno quando potranno: non tutti, qualcuno andrà perso, ma altri diventeranno piante e frutti”. Sicché ho aspettato, perché se tutti vendono poi c’è qualcuno che passa e compra, trovando ottimi prezzi. Alcune di quelle azioni hanno fruttato bene, altre hanno bisogno di più tempo e di sole, e se continuano le turbolenze le cose si faranno difficili. Ma siccome avevo seminato tante piante diverse, cioè azioni ben diversificate, le più adatte cresceranno, altre meno, altre per niente. Si compensano, almeno in parte.

Resta da vedere quando puoi decidere che quell’azione, quella pianta, è irrecuperabile. Ho visto rifiorire tante di quelle piante secche che alla morte definitiva non ci credo quasi più. Dunque la questione è quella della pazienza, che si dilata nel tempo fin quando serve.

E quindi: ce l’hai il tempo per pazientare? O quel vaso, quel pezzetto di terra, ti serve ora per piantare qualcos’altro che frutterà meglio secondo i tuoi calcoli? In soldoni: puoi tenere bloccato quel denaro a lungo, o ti serve? E poi, se anche tu potessi pazientare, perché farlo se alla fine l’investimento, troppo dilatato nel tempo, frutterà comunque poco? Meglio accettare la perdita subito e recuperare il recuperabile adesso per fare quello che può fruttare meglio adesso, no?

Io vi consiglierei di far così, è l’atteggiamento più razionale: ma come fanno i padri fumatori, che fumano ma al figlio dicono di non fumare, che non va bene, ecco, io faccio il contrario di quel che dico, adesso. E sapete perché? Perché quelle azioni le ho scelte perché mi piacevano quelle aziende. Con alcune sono stato più cinico, ma queste no, a queste mi sono affezionato. Lo confesso: ogni tanto cedo al sentimento. E mi son pure divertito a votare all’assemblea degli azionisti. Che lì ci sono quelli che di azioni ne hanno milioni e quelli come me che ne hanno una o due, e vengono invitati lo stesso.

Sul tempo ci sarebbe tanto ancora da dire, ma non abbiamo più tempo per il tempo. Direi che la settimana prossima possiamo parlare dei dividendi, per esempio. Tema molto più interessante di quanto si possa pensare. Anche per i profani. E ancor più per i profanatori, quelli che nel sacro tempio della finanza entrano come me insomma, con quattro stracci e le scarpe da contadino.