Arma legale

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L’art. 40 è il prossimo: un pezzo alla volta, a forza di seguire la cronaca di piazza e d’Assemblea in Francia, ci impariamo la loro Costituzione forse meglio della nostra.

S’era parlato del terzo comma dell’articolo 49, quello che consente di comprimere il dibattito parlamentare per arrivare all’approvazione di una norma; poi si è arrivati all’articolo 47, con il quale la maggioranza – che è solo una maggioranza relativa – ha ulteriormente bypassato il Parlamento, presentando la riforma delle pensioni (di questo parliamo, di che altro?) come un emendamento alla legge di bilancio, giustificando così l’urgenza. Dal punto di vista formale la Corte Costituzionale ha avallato la cosa, dal punto di vista morale e politico sta alle opposizioni e alla piazza parlare.

E torneranno a farlo il 6 giugno.

Nel frattempo però si fa un altro passettino indietro nella Costituzione e si arriva all’articolo 40, quello che non consente di discutere una norma che crei un aggravio alle finanze pubbliche e che non abbia adeguata copertura.

Perché adesso succede questo: l’opposizione di sinistra ha presentato una proposta di legge che di fatto cancella la riforma delle pensioni appena approvata, con le forzature di cui abbiamo appena detto. Questo costringe il governo, privo di una propria maggioranza, a cercare di nuovo appiglio nella Costituzione per non far discutere la cosa all’Assemblea Nazionale, dove correrebbe il concreto rischio di perdere.

Sicché il governo asserisce che la proposta non può essere nemmeno discussa in quanto contraria all’art. 40 della Costituzione. Perché creerebbe un buco finanziario cancellando il risparmio dato dalla riforma delle pensioni con l’allungamento dell’età pensionabile.

La cosa adesso diventa anche divertente, perché sta al presidente della Commissione Finanze stabilire se quella proposta di legge può essere discussa o no. E si tratta di una commissione parlamentare tradizionalmente affidata all’opposizione. In effetti a presiederla è Eric Coquerel, eletto nella stessa lista di sinistra che ha proposto ora la norma in questione.

Coquerel ha detto che la esaminerà con attenzione e deciderà in modo indipendente, ma da subito ha rilevato che il testo prevede l’aumento della tassazione sul fumo e una conferenza per reperire nuove fonti di finanziamento del sistema pensionistico. Sicché una copertura ci sarebbe anche, tantopiù che il buco finanziario lamentato dal governo è al momento ipotetico, visto che la riforma delle pensioni non ha ancora generato nessun risparmio iscritto a bilancio.

Sembra facile prevedere che Coquerel darà via libera al dibattito parlamentare, previsto nel caso per l’8 giugno, cioè due giorni dopo le nuove manifestazioni.

A quel punto il governo avrebbe due carte estreme da giocare: coinvolgere il Relatore Generale dell’Assemblea Nazionale, mettendolo di fatto in conflitto con la Commissione Finanze. Il Relatore è del partito del Presidente. In caso di avviso divergente tra i due organi non c’è regola scritta che stabilisca il seguito.

Ultima carta: potremmo assistere allo spettacolo di un ostruzionismo di maggioranza, con i partiti che formano il governo pronti a presentare migliaia di emendamenti per portare la discussione a sforare i tempi parlamentari, in modo da bloccarne l’approvazione.

Cioè, un governo che fa l’opposizione dell’opposizione. Con i metodi dell’opposizione.

Ovviamente questo significherebbe tirare la corda ancora un bel po’, forse troppo anche per quei deputati che hanno finora appoggiato il governo pur senza far parte della maggioranza. Quanto alla reazione della piazza, sarebbe tutta da vedere.

Il tutto per una norma in sé anche accettabile da un punto di vista sociale, nel senso che i punti deboli avrebbero potuto essere emendati in un corretto dibattito parlamentare. Ma da una parte il governo non ha maggioranza e teme di cadere ogni volta che si possa votare qualcosa; dall’altra c’è la diffusa impressione che le proteste giustificate dalla riforma delle pensioni siano in realtà semplicemente la prosecuzione sotto altre forme della grande protesta sociale incarnata a suo tempo dai gilet gialli e poi dalla carovana in fase pandemica.