A volte un bel gioco non dura poco

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Credo che in molti Paesi si guardi con divertita curiosità alle vicende della piazza francese: se ne parla relativamente poco sui grandi mezzi di informazione, ché quelli l’attualità, soprattutto se si tratta di temi sociali, di cosette come lavoro e povertà, la coprono se e quando c’è violenza, soprattutto se si tratta di temi sociali.

Ma insomma: un po’ in Italia si tifa la piazza per tifare contro Macron e pure contro la Francia, e un po’ per sincera ammirazione e anche un po’ d’invidia per una piazza che sa muoversi.

Però si tifa, ecco, si sta a vedere cosa succede e in campo i francesi ci stanno ormai da parecchio tempo. Questo è un bel gioco che non dura poco, visto da fuori.

Da dentro è un po’ diverso. Ma raccontiamola per lo spettatore italiano che assiste dagli spalti: l’arbitro qualche giorno fa ha fischiato ancora un fallo alle opposizioni, tra i fischi del pubblico: è il Consiglio di Stato, che è una cosa del tutto simile alla nostra Corte Costituzionale, che qualche giorno fa ha bloccato sul nascere il secondo tentativo di proporre un referendum. Questa volta la proposta da sottoporre ai cittadini consisteva nel divieto di fissare per legge il pensionamento oltre i 62 anni. Proposta respinta perché ritenuta vuota di contenuto: in effetti il giorno in cui è stata presentata non era ancora stata promulgata la nuova norma, e quindi l’età per la pensione era ancora a 62 anni. La riforma è stata però promulgata appena un paio di giorni dopo, e ben prima che la Corte decidesse. Ma insomma, per i dottori francesi della legge conta il giorno della presentazione e basta. Bocciata e inutili proteste di sindacati e opposizioni.

Nel frattempo oggi e domani il governo incontra i sindacati: “sono assolutamente all’ascolto”, dice la Prima Ministra Elisabeth Borne. Ovviamente intende ascoltarli sui nuovi temi messi sul tavolo dal governo, sulle riforme a venire in materia di lavoro e disoccupazione. Non certo sulla riforma delle pensioni.

I sindacati hanno ricevuto inviti individuali: Madame Borne ha deciso di riceverli uno alla volta, e loro dopo aver lamentato l’assenza totale di dialogo e persino le gravi offese costituzionali da parte del governo adesso vanno a incontrare il governo, rischiando di non essere capiti da una piazza pronta anche a fare a meno di loro.

Anche il sindacato più barricadero, la CGT, ha accettato l’invito: ma ha fatto sapere che ci sarà ben poco da discutere se il governo si ostina a non voler sentire ragioni sulla riforma delle pensioni e propone ulteriori norme regressive. I sindacati hanno poi precisato che accettare la convocazione separata non implica una rottura dell’unità sindacale, tant’è che resta confermata la giornata di mobilitazione nazionale del 6 giugno.

In pratica, la piazza torna a riempirsi due giorni prima che l’Assemblea Nazionale inizi a discutere una norma proposta dalle opposizioni, che in estrema sintesi propone la cancellazione della riforma pensionistica appena approvata. Bello scherzo, se passasse. Chissà se il governo troverà modo di evitare il rischio che qualche elemento della fragile maggioranza cambi idea, su quella riforma.

I primi segnali di tensione un po’ si vedono, nell’esecutivo, se non altro dalla fuga di chi fa da braccio destro ai ministri: un’analisi pubblicata dal Figaro sottolinea che su 600 consiglieri al lavoro in 40 ministeri e sottosegretariati ben 116 hanno già sbattuto la porta. 32 solo a palazzo Matignon, cioè dall’ufficio del capo del governo. E si tratta di livelli molto elevati: capo di gabinetto, direttori, vice-direttori. Un fuggi-fuggi che di solito si vede a fine mandato, dopo cinque anni. Qui non siamo arrivati nemmeno a un anno di governo.